Torniamo a parlare delle sanzioni USA sulle esportazioni di chip verso la Cina, perché alcuni nuovi report sembrano indicare che, se effettivamente l’ultimo embargo tecnologico di Washington fosse rispettato dalle aziende americane e dei Paesi alleati, la Cina tornerebbe indietro di dieci anni in termini di sviluppo informatico.
Per approfondire meglio la questione, però, occorre fare un passo indietro.
Al momento, gli Stati Uniti (e i loro alleati) hanno messo in atto un blocco dell’accesso da parte di SMIC, il principale chipmaker cinese, alle tecnologie e ai macchinari per la produzione di chip con nodo al di sotto dei 14 nanometri: un duro colpo per le produzioni ad alto tasso di tecnologia, che però non tocca i chip “di base” dell’industria cinese, realizzati con processi tutto sommato antiquati.
Qui però arrivano due report, uno di DigiTimes e l’altro di Bloomberg, che spiegano che gli Stati Uniti vorrebbero imporre un blocco completo all’esportazione dei macchinari per tutte le produzioni al di sotto dei 40 nanometri.
In particolare, la mossa andrebbe a colpire le partnership dell’azienda olandese ASML, che produce macchinari essenziali per il chipmaking con nodi a basso tasso tecnologico.
La quale però dovrebbe immediatamente aderire alle sanzioni di Washington: d’altro canto, ASML ha già partecipato alle sanzioni negli scorsi mesi, bloccando gli export di macchinari verso la Cina per i nodi ad alta tecnologia.
Se davvero ASML dovesse aderire alle sanzioni USA, il chipmaking cinese tornerebbe indietro di un decennio, poiché verrebbe costretto ad utilizzare solo i nodi produttivi a meno di 40 nanometri o a produrne di proprietari e “nazionali” capaci di andare al di sotto di tale soglia, senza però usare brevetti o tecnologie occidentali.
Al momento, i nodi più avanzati prodotti da SMIC con tecnologie completamente cinesi oscillano tra i 30 e i 28 nanometri, e si tratta comunque di nodi sperimentali, il cui sviluppo è iniziato dopo la prima “ondata” di sanzioni contro la Cina varata dall’amministrazione Trump nel 2019.
Se davvero gli USA dovessero riuscire a bloccare gli export di macchinari per chip sotto i 40 nm verso la Cina, l’industria hi-tech nazionale potrebbe finire in serie difficoltà.