Dopo che lo Zimbabwe, un paese dell’Africa meridionale, ha annunciato il divieto di esportazione di litio grezzo, le aziende cinesi che hanno investito nella nazione dovranno costruirvi anche degli impianti di raffinazione del materiale.
Trattandosi di uno delle componenti fondamentali per la fabbricazione di batterie elettroniche per gli smartphone e le automobili o i computer, il litio è un elemento fondamentale della transizione energetica.
Congiuntamente a tutti gli altri elementi della tavola periodica degli elementi indicati come ” terre rare” essendo componenti vitali in numerosi prodotti, da quelli tecnologici (smartphone e monitor) a quelli necessari per la transizione energetica (turbine eoliche, pannelli fotovoltaici e macchine elettriche) fino al settore militare (laser, radar).
Per questo motivo il metallo è stato definito; “oro bianco”, il suo prezzo ha subito un’impennata del 1000% solamente negli ultimi anni.
Lo Zimbabwe punta a sfruttare le materie prime di cui dispone per stimolare la crescita sul proprio territorio di una filiera industriale completa: ossia di una supply chain che non si limiti all’estrazione del metallo, ma comprenda anche la sua raffinazione e la produzione di batterie, le due attività a maggior valore aggiunto.
Naturalmente l’apertura di raffinerie in Zimbabwe avrà un costo di centinaia di milioni di dollari e richiederà un periodo di due-tre anni tra costruzione e messa in servizio.
I giganti cinesi Zhejiang Huayou Cobalt , Sinomine Resource Group e Chengxin Lithium Group hanno acquisito nell’ultimo anno miniere di litio e progetti per un valore complessivo di 678 milioni di dollari in Zimbabwe e sono in varie fasi di sviluppare miniere e impianti di trasformazione, che li esenterebbero dal divieto.
Le grandi multinazionali cinesi, acquistano così i materiali grezzi a prezzi irrisori , per esportarne la lavorazione, non creando alcuna ricchezza nel Paese e creando, in alcuni casi, devastazioni ambientali irreparabili.
Neo colonialismo Cinese
Anche in Ghana, Etiopia, Sudan, Angola, Somalia, Tanzania, Zambia, Zimbabwe: sono molti i paesi che in questi anni hanno ottenuto aiuti o sono stati ,in qualche maniera “stimolati” dalla Cina.
Il dragone si gioca così – tra ideali, forniture di armi, avvio di infrastrutture – il suo futuro nel continente africano.
Sfidando, nello stesso tempo, l’influenza americana .
L’ economia dello Zimbabwe è in seria difficltà
Nello scorso mese, l’inflazione nello Zimbabwe ha raggiunto il picco del 280%, uno dei tassi più alti a livello globale.
Anche il dollaro dello Zimbabwe si è indebolito, scambiato a 930 contro il dollaro statunitense sul mercato parallelo, un forte calo dopo due mesi di relativa stabilità da 700 a 1 dollaro.
La Cina sta aiutando lo Zimbabwe a costruire uno stato dittatoriale di sorveglianza;
lo Zimbabwe raccoglie impronte digitali, foto, indirizzi e numeri di telefono per ripulire le liste elettorali, che secondo quanto riferito erano piene di “elettori fantasma”.
Emmerson Mnangagwa, ora presidente, all’epoca era a capo dei servizi di sicurezza.
Ora, le opposizioni in Zimbabwe, temono che la raccolta dei dati “sia un modo per identificare nuovamente e prendere ancora di mira gli oppositori”
Gli Stati Uniti
Gli Stati Uniti sono determinati a ridurre il più possibile le proprie vulnerabilità nei confronti della Cina – tratto comune delle ultime due amministrazioni.
Nel 2019, il Dipartimento di Difesa americano ha iniziato delle trattative con il Malawi e il Burundi per valutare il sostegno ad alcuni progetti con lo scopo di assicurarsi forniture di terre rare dal continente africano.
Al presidente dello Zimbabwe, sono stati bloccati i propri beni statunitensi nel 2003 dopo che l’amministrazione dell’allora presidente George W. Bush lo ha sanzionato per “aver minato i processi o le istituzioni democratiche nello Zimbabwe”.
Gli Stati Uniti hanno quindi emesso una serie di sanzioni economiche nei confronti del regime dello Zimbabwe, emettendo il seguente comunicato stampa;
“Il programma di sanzioni dello Zimbabwe prende di mira coloro che violano i diritti umani e coloro che minano i processi democratici o facilitano la corruzione.
Le sanzioni statunitensi non prendono di mira il popolo dello Zimbabwe, il paese dello Zimbabwe o il settore bancario dello Zimbabwe”, afferma il comunicato stampa.