Due anni di pandemia, mezzo secolo di duro embargo, hanno decimato l’economia cubana, provocando la più grande migrazione da quando Fidel Castro è salito al potere.
Ragazzi in piazza, arrivano a gruppi, a coppie o da soli, chattando sui cellulari, cercano un contatto fuori dall’isola che li faccia andar via.
“La rivoluzione ci ha traditi !!! ” ripetono tutti come un disco rotto, le riforme del governo comunista di Diaz Canel sono subito naufragate, sull’isola caraibica è in corso da mesi il più grande esodo dai tempi della Rivoluzione.
I gruppi di turisti che arrivavano da Mosca, con i loro dollari, sono sparite.
Così come i resort di Cayo Largo o Varadero languono e sono vuoti, un deserto.
Cuba non produce praticamente nulla, importa tutto da fuori, persino la frutta, le centrali dello zucchero sono oramai abbandonate, e versano in rovina, l’agricoltura arcaica, langue.
La dittatura spinge questi poveri ragazzi, che non hanno nessuna prospettiva ad emigrare, lasciando aperto ad esempio, il canale aereo con il Nicaragua, e ora anche con il Messico.
Cuba ha in questo senso una lunga storia di utilizzo della migrazione per liberare la nazione da coloro che considera scontenti.
Quando i disordini politici crescevano, Fidel Castro offriva pubblicamente agli agitatori, li chiamava “degenerati” e “vermi” la possibilità di emigrare.
Nell’ultimo anno 250 mila cubani, oltre il 2 per cento degli 11 milioni di abitanti sono emigrati negli Stati Uniti.
Manuel un ragazzo mi confida;
“Ho trovato il contatto con un pollero”, “mi aspetta a Managua.
Poi da lì risalgo verso Nord, passo in Guatemala, Messico e arrivo al confine.
Mi hanno detto che adesso ti fanno passare.”
La maggior parte dei fuggitivi raggiunge il Nicaragua e si dirige lentamente verso il confine con gli Stati Uniti, spesso verso il Texas o l’Arizona.
Molti invece tentano la sorte con imbarcazioni di fortuna.
Uomini, ragazzi, donne, bambini, intere famiglie, giorno dopo giorno, devono sopravvivere a pericoli naturali, mancanza di cibo e acqua e, soprattutto, agli assalti di ladri, alla disonestà degli spalloni, alle azioni repressive di soldati e polizia, alle violenze sessuali e fisiche.
Bande di trafficanti, conosciuti come “coyote”, oltre che sfruttare economicamente le persone che sono state spinte a migrare, spesso le assaltano , oppure li abbandonano, lasciandoli esposti a tutti i pericoli”.
Questi movimenti hanno raggiunto il picco quest’anno, e sono in continua crescita
Gli esperti affermano che questa migrazione, che paragonano a un esodo in tempo di guerra, non si vede la fine e minaccia la stabilità di un paese che ha già una delle popolazioni più anziane dell’emisfero.
Le informazioni che ci giungono incrinano “quell’immaginario” propagandato dal regime ai quattro venti nei decenni passati, fatto di luoghi comuni che vedono Cuba come un’isola paradisiaca dove il “puro socialismo è fiorito”, dove scuola e sanità sono per tutti, dove si trascorrono giornate placide e festose, fatte di salsa, sigari, rum, cayos e mare cristallino.