Un professore rischia il posto di lavoro e conseguenze legali molto peggiori perché ha chiamato una ragazza col suo nome e si è rifiutato di adeguarsi alla sua “autopercezione” di genere.
Una studentessa del Liceo Cavour che “si sente maschio” si è appellata alla “carriera alias” per firmare un tema in classe non col suo reale nome anagrafico, ma con un nome finto declinato al maschile.
Il suo professore – giustamente! – si è rifiutato di riconoscere questo nome inventato, ribadendo che quella che aveva davanti era a tutti gli effetti una studentessa, una ragazza, una femmina.
Apriti cielo!
Il professore è stato immediatamente attaccato a mezzo stampa dal movimento LGBTQ, che lo accusa di “transfobia” e ha chiesto provvedimenti disciplinari e legali nei suoi confronti.
“La situazione nelle scuole italiane sta diventando insostenibile, drammatica.
Gli attivisti politici LGBTQ continuano a entrare nelle classi per parlare di identità di genere e orientamento sessuale.
Sempre più scuole approvano la “carriera alias” e aprono i “bagni neutri”.
Adesso, i professori che non si adeguano vengono minacciati di conseguenze disciplinari e legali.”
Questo in sintesi il Pensiero di Jacopo Coghe portavoce Pro Vita & Famiglia