Sebbene l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia sia vecchia di pochi giorni, la Russia ha lavorato per anni per influenzare e minare l’indipendenza del suo vicino più piccolo.
Guarda caso, alcuni americani hanno avuto un ruolo in questo sforzo.
Uno era Paul Manafort, presidente della campagna elettorale dell’ex presidente Donald Trump.
Un altro era l’allora avvocato di Trump, Rudy Giuliani.
Jim Rutenberg
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Un lunghissimo articolo pubblicato dal quotidiano statunitense collega il ‘Russiagate”
con il conflitto in Ucraina.
L’aiuto del Cremlino per l’elezione di Donald Trump, come ipotizza la testata, era mirato a ottenere l’appoggio del tycoon per uno smembramento dell’Ucraina.
La ricostruzione del New York Times è basata sulla revisione di centinaia di pagine di documenti dell’indagine sul Russiagate del superprocuratore Robert Mueller, della commissione intelligence del Senato, delle udienze di impeachment di Trump, nonché su interviste con quasi 50 persone in Usa e Ucraina.
Tutto nasce la notte del 28 luglio 2016, quando Hillary Clinton stava accettando la nomination dem per la Casa
Bianca a Philadelphia: in quelle ore ,
presidente della campagna di Trump, ricevette una email dell’amico e socio russo Konstantin Kilimnik, che chiese e ottenne un incontro urgente con lui.
I due si incontrarono al Grand Havana Room, un luogo di ritrovo del mondo legato a Trump in cima alla torre a Manhattan di proprietà di Jared Kushner, il genero del tycoon.
Qui Kilimnik gli illustrò il ‘Piano Mariupol’, che prevedeva in cambio della pace la creazione di una repubblica autonoma nell’Ucraina dell’est guidata dal deposto presidente Viktor Ianukovich.
Donald Trump aveva già lasciato intendere che avrebbe ribaltato lo status quo diplomatico e Kilimnik credeva che avrebbe contribuito a realizzare quel piano. Prima però doveva vincere.
Per questo Manafort condivise con lui i sondaggi interni che tracciavano la via del successo negli Stati battleground.
Manafort però, come accertarono poi gli investigatori americani, era anche un agente russo.
Paul Manafort era un consulente e lobbista repubblicano di lunga data che aveva sviluppato una specialità lavorando con clienti sgradevoli e non democratici .
Nelle settimane successive cominciarono gli hackeraggi russi contro Hillary Clinton e il partito democratico: un assalto alla democrazia americana conclusosi con la vittoria di Trump.
Sembrava un capitolo chiuso, invece secondo il Nyt si lega alla guerra in Ucraina anche se alla fine Vladimir Putin non ha ottenuto dal tycoon quello per cui pensava di aver pagato.
L’ex presidente statunitense poco tempo fa ha dichiarato che, se fosse rimasto lui in carica alla Casa Bianca, Putin non avrebbe mai iniziato la guerra.
Ma con l’inaugurazione del governo Biden nel gennaio 2021, spiega ancora il quotidiano statunitense,
Putin si è trovato di fronte a un nuovo presidente americano che aveva promesso una linea dura contro i suoi disegni imperiali sull’Ucraina.
“Tredici mesi dopo – conclude l’inchiesta del Nyt -, i carri armati russi attraversarono la frontiera ucraina”.